Domenico Pietro Lo Fiego -Professore Ordinario Dipartimento di Scienze della Vita - Università di Modena e Reggio Emilia -
E’ ormai noto che l’aumentata richiesta di prodotti alimentari (+ 70% entro il 2050), l’incremento del prezzo dei carburanti e la previsione del notevole trend di crescita della popolazione mondiale, hanno creato una notevole fame di terra a livello planetario. Pertanto, oggi si sente spesso parlare della terra come un bene comune …….. da difendere. E’ proprio il termine da …“difendere” che è allarmante in quanto, se si sente la necessità di difendere qualcosa, vuol dire che qualcuno tenta di aggredire e distruggere …e purtroppo per la terra questa è una realtà. Il terreno agricolo continua ad avere costi molto elevati per unità di superficie, ma questo non è vero su tutto il pianeta. Oggi infatti è noto che in Africa esiste la terra più economica al mondo e da parte di molte compagnie straniere, anche europee, si è scatenata la lotta all’accaparramento di milioni di ettari di terreno, che probabilmente non contribuiranno a risolvere il problema della carenza di alimenti, in quanto vengono destinati prevalentemente a colture per la produzione di biocarburanti o allo sfruttamento delle risorse naturali, ma aggraveranno ulteriormente le condizioni alimentari delle popolazioni residenti. In Italia, nel corso degli ultimi 50 anni, centinaia di migliaia di ettari di terreno agricolo sono stati interessati da notevoli cambiamenti. Sono state molte le aggressioni al territorio da parte dell’edilizia residenziale ed infra-strutturale che hanno causato una enorme riduzione della superficie agricola utilizzabile con conseguente perdita di biodiversità. Nel solo decennio 1990-2000 la SAU si è ridotta di circa 1.900.000 ettari, pari al 12,2% del totale, con una riduzione delle aziende agricole di circa 430.000 unità (-14,2%). Nello stesso periodo, nella sola provincia di Reggio Emilia, si è verificata una riduzione di circa 7.500 ettari. Una ulteriore riduzione, seppur più contenuta (2,3%) è stata registrata nel decennio 2000-2010 e nello stesso periodo la Provincia di Reggio Emilia ha perso altri 5.700 ettari circa, con una riduzione di circa 3.300 aziende. La riduzione della SAU non è comunque imputabile esclusivamente all’edilizia ed alle infrastrutture.
Fattori socioeconomici legati all’abbandono delle montagne e delle campagne hanno portato alla riconquista di pascoli e campi da parte della vegetazione forestale con un notevole incremento dell’estensione dei boschi, che è quasi raddoppiata dal 1920 ad oggi, a fronte di una perdita di circa il 50% dei terreni coltivabili. Molto spesso, a causa della cattiva gestione, le superfici agricole abbandonate rappresentano un reale pericolo in quanto possono essere devastate da incendi oppure possono andare incontro al degrado dovuto all’impoverimento di sostanza organica. Questi terreni potrebbero essere recuperati e destinati alle produzioni agricole producendo reddito e salvaguardando il territorio. Oggi a causa della globalizzazione siamo indotti a pensare ai grandi mercati, quindi stiamo trascurando le piccole produzioni a livello locale che, se realizzate puntando sulla qualità e sul rispetto dell’ambiente, possono rappresentare una soddisfacente fonte di reddito per mantenere la popolazione sul territorio. Occorre quindi cambiare completamente strategia e considerare la terra un vero bene comune, non da sfruttare, ma da utilizzare in modo etico salvaguardando le caratteristiche ambientali, e soprattutto occorre avere ben presente che le terra è un bene imprescindibile per produrre cibo e come tale deve essere conservata e trasferita alle nuove generazioni. Per fare ciò occorre un enorme sforzo educativo che deve cominciare dalla scuola dell’infanzia e proseguire durante tutto l’arco della vita di un cittadino.