Ernesto Calluori

Appena finito di leggere l’articolo titolato “Responsabili verso la verità e verso l’Uomo: un progetto di umanità nuova” di don Camillo Perrone, datato 22.09.15, mi è venuta in mente una frase rintracciata da don luigi Ciotti nei diari di Rosario Livatino, il giovane magistrato ucciso dalla mafia agrigentina nel 1990. Alla fine, scriveva Livatino, “non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma credibili”.
Lui, giudice ragazzino, come veniva definito in maniera dispregiativa, con una fortissima fede religiosa, sapeva perfettamente quale fosse la differenza tra una formale e ipocrita adesione ai precetti religiosi e l’interpretazione autentica, nella vita di tutti i giorni, nonché degli insegnamenti evangelici. Non era una questione di “credo” ma appunto di “credibilità“. Basta scorrere l’articolo in questione, per essere trascinati dalle riflessioni senza sconto di don Camillo. Non è un caso, insomma, in cui vengono sollecitate e rilanciate denunce con approfondite questioni da interrogare credenti e non, delle ricchezze di cui si potrebbe disporre, ma che si volatizzano, alla responsabilità dei partiti e della classe politica, perché “il potere spegne i sogni e le speranze”. La democrazia finanziaria è in crisi fin da quando esiste la scienza della politica. Probabilmente la ragione sarà la “globalizzazione“. Perché mai si è imposta? Le risposte ovvie sono sempre le migliori. Una delle ragioni è stata che il concetto di “paese” o di “nazione” ha perso buona parte del suo significato economico a cui è risultato facile combinare un certo grado di adattamento ai bisogni locali, con la promozione di una strategia di profitti di portata mondiale. Quadrare il cerchio fra crescita economica,

società civile e libertà politica è un compito universale, ma sarebbe sconsiderato pensare che tutti perseguano questo obiettivo. Cosa fanno aziende, paesi o regioni di tutto il mondo dinanzi alle condizioni ineludibili della globalizzazione per non essere condannati all’arretratezza e alla povertà? Gli attori economici hanno bisogno di “flessibilità che indica allentamento dei vincoli che gravano sul mercato del lavoro, maggiore facilità nell’assumere e nel licenziare, possibilità di aumentare o diminuire i salari, espansione degli impieghi part-time e a termine, fattori che hanno inciso nel nostro Paese dando luogo alla schiera degli esodati “.
Insomma, la globalizzazione minaccia la società civile in tanti modi diversi, ma tutti di una certa gravità. Le disuguaglianze in termini di reddito sono aumentate e sono incompatibili con una società civile dignitosa da generare una netta sperequazione. Infatti, ad alcuni si spiana la strada verso le vette, ad altri si cerca di intralciare il proprio cammino. E’ questa la sistematica divergenza delle prospettive di vita per ampi strati della popolazione che ci richiamano all’appello di don Camillo Perrone, in cui invoca “un surplus di impegno sociale e morale per contrastare l’individualismo egoistico che sembra essere vincente”