don Camillo Perrone "Parroco emerito di S. Severino L."

Perché l’Italia è precipitata nella crisi peggiore degli ultimi trent’anni? La colpa è della Germania, dell’austerity imposta dall’Europa, dalla moneta unica? O dalla mediocrità della classe dirigente? Esiste una via d’uscita, una ricetta per rifare il Paese?
Il lavoro che manca, il reddito che non basta più: insomma, la situazione economica, che allarga la forbice tra i pochi che hanno tanto e i molti che continuano a essere a livello minimo, a far tremare le gambe. La precarietà del lavoro in Italia non è un fenomeno recente, ma possiamo considerarlo come una questione diventata in qualche modo “sistematica” in quindici anni di mancate riforme. Particolarmente sfiduciati siamo noi lucani, di fronte alle desolanti vicende mondiali che irrompono attraverso i media; ma anche di fronte alle vicende quotidianamente vissute in una regione che letteralmente galleggia su acqua e petrolio eppure non riesce a farne condizioni per promuovere una ripresa di equità che consenta a tutti i suoi abitanti condizioni di vita dignitose, a partire dal lavoro.
Perché queste “ricchezze” non riescono a suscitare vita in un territorio che sta morendo? Si è tentati di pensare che non c’è più niente da fare, i prepotenti hanno sempre la meglio, il potere spegne i sogni e le speranze.
Petrolio, acqua e fondi europei non evitano alla Basilicata l’ultimo posto nella classifica della disoccupazione.
La speranza non vive una buona stagione. Sono animati da una “speranza forzata” i giovani che non ne possono più di un “Paese per vecchi” che non vuole cambiare, incrostato da un pulviscolo di corporazioni, rendite, interessi, piccoli e grandi, che si frappongono a pur timidi tentativi di cambiamento. Sono i giovani che partono.
Creiamo nuovi posti di lavoro attraverso una riforma radicale ma equa del mercato del lavoro, una riforma che preveda un taglio forte del costo del lavoro e che renda le assunzioni e i licenziamenti più facili. Introduciamo nuove regole sui contratti e nuove forme di sussidi di disoccupazione più inclusivi, compresi sussidi e politiche attive che sostituiscano la vecchia cassa integrazione in deroga, che va abolita.
Non c’è salvezza senza l’abbattimento del debito. Bisogna sfruttare il patrimonio pubblico ma non svenderlo. Non c’è creazione di nuovi posti senza tagli drastici del costo del lavoro e una modernizzazione delle regole del sistema.
Ci vuole un minimo vitale per tutelare le fasce più deboli, e subito. Pensioni garantite per tutti ma tagli più aggressivi alle pensioni d’oro ( ai troppi regali dello Stato).
Occorre responsabilità sociale. La crisi mostra l’allentamento del vincolo comunitario e del senso condiviso del bene comune.
La Chiesa ricorda agli italiani che da soli non ci si salva. Da questo nasce un tessuto sociale ed ecclesiale che, con i suoi limiti, ha un ruolo importante nella tenuta del Paese. Bisogna, partendo da quello che esiste, costruire una coscienza più larga di far parte di una comunità nazionale.
Solidarietà è partecipazione, è urgente reagire al diffuso atteggiamento di indifferenza, alla cultura del disinteresse che lascia l’uomo al suo destino; in un tale clima il debole, il povero è destinato a soccombere, mentre si salva il prepotente e il forte.
Il valore della solidarietà da oggi dovrà animare la coscienza collettiva e flettersi nelle diverse aree della vita civile in una cultura imperniata sulla scelta radicale del rispetto e dell’amore per l’uomo, per ogni uomo. Sarà questo ethos civile a ispirare l’impegno per la giustizia,la strategia per la trasformazione delle strutture ingiuste, il superamento degli squilibri, degli egoismi, delle discriminazioni, la misura nella lotta, il cammino della pace.
Emerge così l’esigenza che questo ethos animi soprattutto la funzione politica con i suoi compiti normativi e amministrativi, perché questa sia gestita come servizio alla comunità e sappia disimpegnarsi dagli interessi particolari ed egoistici, per considerare attentamente la propria responsabilità nei riguardi del bene di tutti.
Per evitare la rovina o il declino inarrestabile, l’Italia ha davanti a sé una sola strada: sconfiggere quella conservazione che da decenni o forse da un secolo e mezzo è disposta a cambiare tutto perché nulla cambi (gattopardismo).
A proposito il prossimo 25 Settembre, a cura della consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali, a Chiaromonte verrà celebrato un seminario di approfondimento (Itinerario formativo per il IV Convegno Ecclesiale Nazionale) sul tema “costruttori di umanità” Interverranno: Mons. Salvatore De Pizzo delegato per i laicato e la Prof.ssa Anna Maria Bianchi presidente CDAL, mentre il Prof. Don Antonio Palmese terrà la relazione :”Responsabili verso la verità e verso l’uomo: da sfida a progetto di umanità nuova”: è prevista la partecipazione di circa 200 laici della vasta Diocesi di Tursi-Lagonegro. Il tema prescelto allude al nuovo protagonismo cui sono chiamati i fedeli laici dentro l’attuale contesto secolarizzato .
A tutti, ma specialmente ai cristiani, in questa fase storica del nostro Paese è chiesto un “surplus” di impegno sociale e morale, diventando fermento di una nuova etica della socialità e della solidarietà che si contrappone a quell’individualismo egoistico che in questo momento sembra essere vincente.