Le dolcezze dell’inverno

L’inverno (poesia di Giacomo Zanella)

Anche l’inverno ha le sue dolcezze. Io movo/Lungo la siepe vedova di fronde,/E nel Sol, che superbo i rai diffonde,/Mi rinfranco dal gelo e mi rinnovo,/

Mentre di rovo saltellando in rovo/Il fiorrangio conguetta; e rubiconde/Coccole e more il ramo asconde,/I miei verdi fuggiti anni ritrovo,/

Quando pe’ monti uscìa con la civetta;/e poi che tutta la frugai dispensa/M’era consunta e d’altro avea distratta,/

Alle siepi chiedeva acerba mensa/Più che ciambelle e pinocchiati accetta;/Né il cor senza diletto ancor vi pensa.

Anche in questa poesia il poeta Giacomo Zanella ha saputo riportare con semplicità le sensazioni che le cose minute della natura gli risvegliavano, mettendo in evidenza le dolcezze dell’inverno. Molti di noi abbiamo vissuto le dolcezze dell’inverno nell’infanzia e che, come dice il poeta “né il cor senza diletto ancor vi pensa”. Ricordo le abbondanti nevicate che trovavamo al mattino (senza previsioni del tempo!) e che regolarmente andavamo a scuola con uno scaldino (che altro non era che un tegame vecchio o un barattolo di lamiera con un fil di ferro) per riscaldare l’aula. Il pomeriggio era dedicato ai giochi sulla neve; molti ragazzi mettevano le tagliole e “i chjanghele” (trappole per catturare gli uccelli fatte con una tavola inclinata e poggiata su un bastoncino di legna che all’occorrenza veniva tirato con una cordicella) per acchiappare passeri, pettirossi, codirossi, ballerine, ect ect che affamati venivano attratti dalle briciole di pane messe come esca.

I ragazzi più grandicelli con la fionda colpivano i tordi (malevizzi) e merli in cerca di cibo sulle piante ricoperte dal vischio (a scrong). Nelle vicinanze del apese e su tutto il territorio c’erano tante siepi di rovo, pungitopo, asparago, biancospino, pero selvatico, prugnolo, salice che delimitavano i vari appezzamenti di terreno e molti alberi su cui si annidavano insetti vari. Tutta questa vegetazione costituiva la fonte primaria di cibo per tutti quei volatili. Oggi non è così. Con le nevicate dei giorni passati le scuole erano chiuse e i ragazzi non hanno avuto più l’opportunità di giocare liberamente e, volendolo non hanno potuto acchiappare più gli uccelletti perché molte specie si sono estinte o sono in via di estinzione. Come possiamo fare per riequilibrare l’ambiente?

Secondo me dobbiamo ripristinare le siepe e le bordure verdi al posto del filo spinato, dei muretti di cemento armato e delle ringhiere e installare tanti tanti nidi artificiali e mangiatoie creando così l’habitat naturale per quegli uccelli che tanta importanza hanno nella lotta biologica contro la mosca dell’ulivo e della frutta in generale. Quindi le autorità preposte alla tutela dell’ambiente (ricordiamo che ci troviamo nel Parco Nazionale del Pollino) dovrebebro operare in tal senso.

Certamente è molto più bello vedere gli uccelletti saltellare sulle siepi e non imbattersi in branchi di cinghiali nel centro abitato. Si tratta proprio di quegli animali pericolosi per l’uomo e dannoso per le culture erbacee delle nostre campagne. Abbiamo modificato l’ambiente ma lo abbiamo anche sconvolto. Non è pensabile vedere gironzolare alla ricerca di cibo nei nostri centri abitati i cinghiali. Questi animali come dicevo prima danneggiano fortemente i contadini e i produttori di materie prime per le specialità gastronomiche lucane che costituiscono insieme al nostro patrimonio naturalistico e paesaggistico i pozzi di petrolio, cioè la nostra vera ricchezza. A questo punto le autorità competenti dovrebbero intervenire con urgenza per risolvere questo problema che costituisce un grande ostacolo allo sviluppo dell’agricoltura e zootecnia di qualità della regione. Dopo tanti convegni e iniziative varie è giunta l’ora di passare dalle parole ai fatti concreti. Dimenticavo che tra le dolcezze dell’inverno vi era “a zurbetta”, un sorbetto fatto con la neve e il mosto cotto.

 

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