Il Vallone di S. Nicola

IL VALLONE DI ” S.NICOLA”

Vallone S. Nicola

 

Dal “funcalone“, volgendo lo sguardo a levante,
la sagoma di una immaginaria strada bianca, al tuo sguardo appare.
Da sotto Caramola incomincia a discendere a valle,
protendendo la sua lunghezza tra aride terre:
è il vallone di San Nicola, affluente secondario del fiume Sinni.
Nelle stagioni estive, umile quanto docile, lascia
Il guado libero alla gente, che l’attraversa per recarsi oltre.
Con le piogge autunnali diventa impetuoso e sinistro.
Blocca il transito e minaccia i confini frontalieri;
mentre i proprietari di quei terreni, preoccupati,
si assembrano sul colle del “fungalone“.
Ma come alla tempesta segue la calma,
cosi’ il vallone di S.Nicola ritorna, per quella straordinaria
legge della natura, alla sua calma secolare.
Ridestando nei francavillesi, tenerezza, mestizia e speranza.
Antonio De Minco
Se cerchi l’armonia, la serenità,la felicità,la pace…,
rivolgi la tua attenzione al tempo ed al luogo presenti.
Solo qui ed ora ne riflettono la possibilità vera.
Il passato suscita solo ingenua nostalgia;
il futuro solo pretenziosa ambizione;
i luoghi lontani arcani, solo sogni.
Antonio De Minco.

Dai racconti di Antonio De Minco “Il vallone di San Nicola”.

Antonio De Minco fa una descrizione del Vallone S. Nicola che è tipica del territorio della Basilicata e di tante altre Regioni italiane. La narrazione dell’impatto che il territorio ha nelle popolazioni è viva e puntuale ricordandomelo perfettamente, perché avevo un pezzo di terreno proprio sulla sponda sinistra del torrente. Nello stesso tempo posso affermare che nella società sono avvenuti dei profondi cambiamenti.

Vallone S. Nicola

Infatti, molti anni or sono furono costruiti dei ponti sul torrente San Nicola e alcune stradine comunali che consentirono il collegamento tra il centro abitato e le frazioni dopo un secolare isolamento.

Fino allora, quando moriva una persona di campagna, i familiari la portavano al “terzo ponte” in prossimità del paese, ove veniva messa nella bara, con “i pertecune“, le pertiche, una specie di barella rudimentale fatta appunto con due pertiche.

A Francavilla ancora vi è il detto: “Ti vone purte ch’i pertecune“, cioè fare una brutta morte. Noi bambini assistevamo a questa fase del rito funebre mentre eravamo assorti a giocare.

Dopo tanti mesi di mancanza di pioggia, da alcuni giorni piove (finalmente! è una provvidenza venuta dal Cielo!) e l’acqua scorre di nuovo impetuosamente nel vallone, ma dal “Funcalone“, quartiere storico che si affaccia proprio sul San Nicola, non ci “sono i proprietari di quei terreni che, preoccupati, si assembrano” e che quando regna la calma “ridesta nei francavillesi tenerezza, mestizia e speranza”, perché i contadini e i giovani sono andati via dalle campagne e dal paese.

Foto rilevata dal libro di A. Capuano “Com’era bello… e com’è… il mio paese”

Gli argini di cemento che avevano sostituiti le classiche “ndrapanete” (argini costruiti con rami intrecciati e piante resistenti) sono stati smantellati dalla forza dell’acqua e … dalla bassa qualità dei materiali impiegati e, fino adesso, non si è visto alcun intervento di ripristino.

Del dissesto idro-geologico già ho scritto su questo giornale (vedi “I soldi pubblici vanno spesi bene” del 20 maggio 2015).

Nella nostra Regione con la pioggia in questi giorni si sono aperte nuove frane e si sono avviate a valle quelle esistenti, perché non si è fatta e non si fa prevenzione. Le risorse finanziarie vengono impiegate per i “cantieri forestali” (sic!) e da un po’ di tempo per assistere i cosiddetti cittadini alla soglia della povertà.

Invece c’è bisogno di investimenti produttivi che creano nuova occupazione.

Il lavoro è la dignità dell’uomo, ha detto Papa Francesco.

Antonio Fortunato

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