don Camillo Perrone "Parroco emerito di S. Severino L."
Un interrogativo, spesso ripetuto, domanda se la Chiesa abbia un esclusivo compito religioso, o se sia legittimo il suo intervento in ordine al temporale. Conseguentemente si chiede la legittimità della dottrina sociale della Chiesa.
Non c’è da dubitare che la Chiesa abbia prevalentemente un compito religioso, e che essa realizza essenzialmente il proprio fine quando tende con tutte le sue forze al fine religioso.

E però, subordinatamente e in conseguenza del suo fine, essa ha una missione, una grande responsabilità, un compito da svolgere anche sul piano temporale. E’ giusto subito affermare che il fine religioso è tanto prevalente, che la stessa incidenza sull’ordine temporale e civile dipende decisivamente dalla forza con cui viene perseguita la missione religiosa.
A proposito della soluzione della questione operaia, nella “Rerum novarum”, Leone XIII scriveva:
“La Chiesa trae dal Vangelo dottrine atte a comporre, o certamente a rendere assai meno aspro il conflitto; essa procura con i suoi insegnamenti, non solo d’illuminare la mente, ma d’informare la vita e i costumi di ognuno”.(n.13)
Oggi la dottrina sociale, spesso, viene ricollegata nella sua genesi all’enciclica “Rerum Novarum” (1891). Il grande nucleo è composto da note encicliche e dai discorsi sociali dei pontefici: Quadragesimo anno (1931) di Pio XI, Mater et Magistra (1961) di Giovanni XXIII, Populorum Progresso (1967) di Paolo VI, Centesimus annus (1991) di Giovanni Paolo II, Caritas in veritate (2009) di Benedetto XVI, l’enciclica ultima “Laudato sì” di Papa Francesco e alcuni discorsi di Pio XII. Questi documenti pontifici sono il frutto non solo del Magistero della Chiesa, ma anche del dibattito e degli studi di sacerdoti e laici cattolici.

I profondi processi di cambiamento sul piano internazionale, la globalizzazione e la crisi degli Stati nazionali, l’innovazione nelle relazioni industriali e sociali e nei processi di produzione, hanno indotto il mondo dei “laici” ad interrogare la Chiesa rispetto a questi problemi e a cercare nella dottrina sociale possibili risposte su cui confrontarsi.
Sui temi del principio della solidarietà, del lavoro e della dignità del lavoratore, dell’equa remunerazione e distribuzione del reddito, sul libero mercato, sulla opportunità e i rischi della globalizzazione, sul sistema finanziario internazionale, sul rispetto dell’ambiente e su tanti altri ancora si potrà scoprire che la dottrina sociale della Chiesa ha posizioni esattamente interessanti e avanzate, tali da stimolare la curiosità e la riflessione del credente, ma anche del non credente. Da parte sua la Chiesa annuncia il messaggio più alto e più necessario che possa esservi: la dignità dell’uomo. Insegna e difende la verità. Opera perché nel mondo regni l’ordine voluto da Dio.
La dignità di ogni persona umana ed il bene comune sono questioni che dovrebbero strutturare tutta la politica economica, ma a volte sembrano appendici aggiunte dall’esterno per completare un discorso politico senza prospettive né programmi di vero sviluppo integrale. Occorre una vera solidarietà che implica modifiche strutturali nella produzione e nello sviluppo; perciò proporsi, come priorità strategica, la costruzione di un nuovo e più solido Stato democratico.
Questo deve rispondere, sempre e comunque, ad alcuni requisiti: favorire la convivenza civile, garantire la giustizia, perseguire il bene comune, dell’intera comunità, garantire ed assicurare le giuste libertà religiose e sociali, rispettare la libertà religiosa ed i diritti della Chiesa.
A proposito, in questo ultimo biennio, una scuola di cristianesimo è stata tenuta da S.E.Mons.Vincenzo Orofino Vescovo di Tursi-Lagonegro per i fedeli della omonima diocesi, scuola imperniata sui diritti e sui doveri di ogni cristiano, perché battezzato e confermato, di testimoniare con la sua vita e le sue scelte la sua adesione a Cristo e alla Chiesa: fede allora che deve diventare cultura. Quindi nuova evangelizzazione e dottrina sociale della Chiesa. Questa Dottrina sociale è l’insieme di quei principi di giustizia, di equità e di carità che il Magistero della Chiesa formula alla luce del Vangelo e della morale naturale per guidare gli uomini nella loro vita sociale. Spiega poi il Presule: i cardini dell’insegnamento sociale della Chiesa sono costituiti da quattro principi fondamentali e permanenti:
la dignità della persona umana, il bene comune, la solidarietà e la sussidiarietà.
Secondo Mons.Orofino il bene comune è
“l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono, sia alla collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente”
che deriva dalla dignità, dall’unità e dall’uguaglianza di tutte le persone.
Il raggiungimento e lo sviluppo del bene comune impegna tutti i membri della società, nessuno escluso.
Una responsabilità particolare rispetto al conseguimento del bene comune compete allo Stato “poiché il bene comune è la ragion d’essere dell’autorità politica”.
Il vescovo suddetto insiste molto sulla dottrina sociale della Chiesa nella Diocesi di Tursi-Lagonegro
“per un atto di fedeltà e di amore alla nostra regione, alla terra lucana ricca di tradizioni e di beni naturali, ma demograficamente asfittica, regione che ha bisogno di un sussulto d’orgoglio, di un rinnovato fervore sociale e culturale, di un più vivace e democratico confronto politico, di amministratori ineccepibili, più generosi e più illuminati”.
In questo contesto verrà celebrato un convegno sulle tematiche e problematiche su esposte (Dottrina sociale della Chiesa), il 21 aprile 2018 in Francavilla in Sinni, relatore On.Enrico Letta, già Presidente del Consiglio dei Ministri nel 2013-2014 e altri incarichi illustri.
Tema: “Il bene comune, la dimensione sociale e comunitaria del bene morale”.
Ugualmente il 28 aprile 2018 nello stesso centro sinnico sarà tenuta una pubblica assemblea sul tema: “La solidarietà, principio sociale e virtù morale”; relatore il Card. Francesco Montenegro.
Scende in campo la Chiesa per formare una nuova generazione di politici cattolici che sappiano coniugare l’impegno per il bene comune alla dimensione ideale ed etica. Una missione non di poco conto che dimostra quanto l’episcopato italiano abbia a cuore le sorti di un Paese che sembra avanzare pericolosamente verso il baratro ma nel quale, comunque, ci sono tante energie sane e pulite che non si sono fatte prendere dalle sirene dell’edonismo e del relativismo. Ciò che sembra mancare negli attuali protagonisti della scena politica è la spinta ideale che, in tempi non lontani, è stata la chiave di volta della crescita;

urge preparare una generazione nuova di cittadini che abbiano la freschezza e l’entusiasmo di votarsi al bene comune, quale criterio di ogni pratica collettiva, a prescindere dall’ambito professionale, associativo, cooperativistico, sociale, mediatico, sindacale, partitico e istituzionale in cui si collocano. La caduta del senso di socialità ha prodotto tendenze egoistiche, gonfiando a dismisura il catalogo dei diritti e delle pretese dei singoli, esaltando l’individualismo, l’egoismo e lasciando totalmente in ombra i doveri, le relazioni e le responsabilità, tutti indifferenti alle proprie responsabilità, tutti complici nel fingere di non sapere.
Occorre rimettere in discussione il clima culturale dominante e se esso non è conforme né al Vangelo né alla dottrina della Chiesa impegnarsi a cambiarlo. Non si tratta di essere di destra o di sinistra, si tratta del fatto che esistono verità e valori di fondo di cui i credenti devono essere fermamente convinti e dai quali non si può prescindere.
Quindi far crescere un umanesimo integrale e autentico, un umanesimo convertito, cultore dell’uomo. Un umanesimo plenario, che promuova tutto l’uomo, tutte le dimensioni dell’uomo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso e di favorire “il vero sviluppo, che è il passaggio, per ciascuno e per tutti, da condizioni meno umane a condizioni più umane” (Paolo VI, Lettera enciclica Populorum progressio, 20).
In conclusione ecco quello che esprime il caro Papa Francesco:
“Chiedo a Dio che cresca il numero dei politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro tempo!”.