Francavilla nei ricordi di Antonio De Minco “IL CONTROLLO SOCIALE”.

Nella psicologia delle masse viene evidenziato quanto gli uomini, quando sono intruppati, siano influenzati e dominati dai centri di controllo. Nella psico sociologia viene definita “ISTITUZIONALIZZAZIONE DEL GIOCO DELLE FUNZIONI MENTALI” le finalità che perseguono tutti i centri di controllo e la conseguenza che ne deriva: della prevalenza degli aspetti voluti e desiderati. Certamente alla base di tutto questo domina la volontà di dominio e di prevaricazione. Se si osservano le strutture anche del piccolo raggruppamento di uomini e di animali, si può cogliere molto semplicemente questo comportamento. I fatti più eclatanti si verificano sotto l’influenza e attraverso la cultura, la ricchezza. la discendenza aristocratica, la religione, l’autorità, l’autoritarismo, il carisma, la scuola…..

Le condizioni intellettive del francavillese erano di basso livello culturale. Il corpo che focalizzava le caratteristiche del centro di controllo era costituito di pochi laureati e qualche diplomato. Essi esercitavano le loro prerogative in una forma evidente autoritativa, anche se tendenzialmente propendevano al rapporto di amicizia e di paesanità, gioco forza di conoscenza generazionali e parentali. Tuttavia, alcuni di essi si esaltavano arrogandosi diritti non istituzionalizzati. Si verificavano violazioni di legge, per esempio nell’apposizione dei termini di confini tra due proprietà fino ad intervenire e limitare il diritto soggettivo e tanti altri abusi commessi in nome “MA LO SAI CHI SONO IO?“.

Trovarsi in una situazione legale di controversia, spesso si verificava che se la parte a cui era addebitabile la responsabilità fosse una “PERSONALITA”” poteva accadere che la giustizia diventava monca. Così in tutte quelle strutture in cui può essere radicato il controllo sociale, tramite uno degli strumenti idonei, le prevaricazioni sono prassi del quotidiano vivere e la massa, nella ignoranza, sopporta con apparente accettazione. La cosa più retriva, scandalosa e meschina era rappresentata da quel comportamento di cui si avvalevano alcuni uomini che cercavano appigli di parentela con i cosiddetti “POTENTI”. Anche questi si ergevano a dominatori dello spazio e del tempo. Il centro più significativo, in quell’ambiente, era quello della chiesa. L’ombra del sacro pervadeva la vita collettiva e quella del singolo individuo. Una buona parola del parroco apriva tutte le porte e rivelava potenti strumenti di soluzione di ampie problematiche sociali.

La leva potente quanto persuasiva del controllo sociale, era virtualmente espressa dalla paura della morte. La morte, la sofferenza e la malattia erano accidenti mandati da Dio, per punire gli uomini dei loro peccati e per avvertirli che dovevano fare penitenza, finché c’era ancora tempo. La morte, anch’essa castigo voluto da Dio, con scadenza ad un tempo imprevedibile ed inevitabile era il passaggio infinitamente temibile; poiché al piccolo numero degli eletti, si opponeva la folla dei dannati, moltitudine senza pietà e con molti vizi e nulla poteva pregiudicare la sentenza, senza le orazioni dei ministri di Dio. Così di fronte alla malattia, alla sofferenza, alla morte il grande rimedio era la preghiera. I santi giocano un grande ruolo di mediatori. Pertanto, la preghiera poteva ottenere dalla misericordia divina, la salvezza dei corpi e delle anime; essa solo può accorciare il soggiorno nel purgatorio delle anime. Era molto evidente il ruolo del clero in questo problema. Gli uomini vanno educati, indirizzati e guidati come tanti bambini. Quella forma di controllo sociale beninteso, aveva ed ha tanto più forza quanto più debole economicamente e culturalmente la condizione dell’uomo. Diversa, perché legittima, (intesa come consenso da parte dei cittadini, perché ne tutela i propri diritti) era invece la forma di controllo sociale attraverso le istituzioni e le leggi. Tuttavia, sotto il regime fascista, il podestà disponeva di poteri straordinari, che poteva esercitare a suo piacimento attraverso l’usa delle forza pubblica. Certo, le classi dominanti vivevano in simbiosi e perciò quelle dominate subivano angherie e soprusi. Cito e ricordo il caso di un sotto ufficiale, un maresciallo dei carabinieri che discendendo dalla vicina Chiaromonte, paese limitrofo a Francavilla, assumeva l’atteggiamento e l’arroganza del preposto alla ghigliottina.

Antonio De Minco

Commento di

Antonio Fortunato

Il nostro compianto Antonio De Minco ha analizzata la società francavillese sul controllo sociale nel periodo della dittatura fascista in maniera puntuale e chiara. Le stesse cose le possiamo leggere nel “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi, perché in ogni paesino della Lucania di allora c’erano le stesse condizioni sociali ed economiche.

Foto rilevata dal libro di A. Capuano “Com’era bello… e com’è… il mio paese”

Partiamo dalle condizioni intellettive del francavillese che erano di basso livello culturale. Non poteva essere diversamente giacchè Francavilla ha subito un isolamento dal resto del mondo fino agli anni ’30; le scuole materne non esistevano: nel 1938 il parroco istituì l’Asilo Parrocchiale che restò in funzione fino alla riforma Berlinguer. Le scuole elementari si potevano frequentare fino alla terza -quarta. Pochi ragazzi andavano a scuola; molti aiutavano la famiglia nei campi o imparavano un mestiere. Le classi erano alloggiate in locali non idonei senza sussidi didattici. Il primo edificio scolastico fu inaugurato nel 1959 e nelle contrade più popolate furono costruite piccole strutture idonee a ospitare anche il maestro o la maestra. Per inciso voglio ricordare un grande maestro, Vincenzo Torrio, socialista, che scontò negli anni del regime un periodo di confino. I figli dei “potenti e nobili” potevano invece frequentare le scuole medie e superiori e poi l’università in sedi molto distanti dal paese.

Nel 1960 fu istituita la Scuola di Avviamento per i ragazzi meno fortunati. Dopo la Scuola Media dell’obbligo negli anni ’70 vennero calati sul territorio su pressione di qualche politico di turno i vari licei e istituti superiori. Invece a Lagonegro funzionava un ottimo centro studi già molto prima. Dopo il ’68 l’Università fu aperta a tutti e anche da noi si “sfornarono” numerosi diplomati e laureati. Già da allora molti di essi trovarono impiego fuori Regione o all’Estero per realizzare il sogno di raggiungere una posizione sociale più elevata. Oggi il problema è il medesimo con il rischio di un impoverimento culturale enorme e una desertificazione della popolazione. Il regime fascista fece sentire i suoi influssi anche nelle periferie più sperdute con la nomina dei Podestà che disponevano di poteri straordinari.

foto tratta dal “Dizionario dialettale di Francavilla Sul Sinni” di Luigi Viceconte

Con la Repubblica, da una dittatura in camicia nera siamo passati a quella in camicia bianca, quella della Democrazia Cristiana. Questo partito occupò lo Stato in tutte le sue diramazioni su tutto il territorio nazionale. Se eri un iscritto al Partito Comunista Italiano non potevi occupare un posto pubblico e molti non potevano andare neanche in America a lavorare. Ancora oggi nella nostra martoriata Regione l’appartenenza politica gioca un ruolo determinante per l’occupazione e la carriera. Voglio sperare che il governo giallo-verde, il Governo del cambiamento, accenda la speranza e dia la spinta a realizzare quelli che sono i nostri principi costituzionali.

Oggi il controllo sociale che la Chiesa esercitava in quel contesto non lo esercita nella stessa maniera sia perché la situazione economica e culturale è migliorata e sia perché l’informazione ha fatto conoscere il vero volto della Chiesa, una Chiesa che si allontana dall’insegnamento di Gesù Cristo. Anche il potere economico esercita nei tempi e nei modi compatibili con le situazioni un certo controllo sociale sull’occupazione e su tante vicende. Osservo però poveri noi che la situazione è fuori controllo sociale per l’individualismo e l’edonismo che regnano e prosperano indisturbati anche nelle nostre comunità.

Antonio Fortunato

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