Il nuovo Patto per la Salute 2019-2021, strumento per riequilibrare la Sanità nei Territori regionali

Il mese scorso, dopo approfondita verifica delle criticità emerse in questi anni e in seguito ad una lunga trattativa, è stata trovata l’intesa tra il Governo e le Regioni sul nuovo Patto per Salute 2019-2021.

Antonio Amatucci

Il nuovo Patto, che sostituisce quello siglato per gli anni 2016-2018, è stato presentato dal Presidente del Consiglio Conte e dal Ministro alla Salute Speranza in una Conferenza stampa congiunta, nella quale è stata sottolineata la portata storica del documento, che apre una nuova stagione per una più incisiva tutela della salute, uno dei diritti fondamentali sanciti dalla nostra Costituzione, e si caratterizza quale strumento di lottaalle disuguaglianze che si concentrano e che diventano ancora più intollerabili in questo settore”. Da una prima lettura del Patto siglato, avendo concorso, insieme ai componenti del Comitato “La nostra voce per l’Ospedale di Chiaromonte”, a sollecitare, in ambito nazionale, tramite il Coordinamento Italiano Aree Disagiate e Periferiche (C.I.S.A.DeP), un’azione forte per la rivisitazione del D.M. 70/2015, soprattutto del punto 9.2.2 dell’Allegato 1, al fine di rendere più stringente l’obbligo delle Regioni ad individuare ed organizzare, in situazioni di criticità, gli ospedali di area disagiata, abbiamo constatato che l’argomento, più volte sollecitato, viene solo genericamente trattato, sottolineando, alla scheda 15, la necessità di revisione del Decreto 70, “al fine di integrarlo con indirizzi specifici per alcune tipologie di ambiti assistenziali, prevedendo specifiche deroghe per le regioni più piccole”.

Ospedale S. Carlo Potenza

Non è esattamente quanto richiesto con forza dall’azione indefessa del C.I.S.A.D.e.P, con a capo la Presidente Cioni e Don Francesco Martino, che tanto si sono spesi in questa direzione. Tuttavia, considerato che proprio la scheda n. 15 era scomparsa dalla bozza del Patto predisposta per l’intesa, averla riproposta e codificata nella stesura definitiva dell’attuale Patto siglato IL 18.12.2019, può essere assunto quale impegno formale alla rivisitazione del D.M 70, soprattutto in presenza delle originarie resistenze da parte delle regioni, riluttanti ad accogliere indicazioni precettive da parte dello stato in materia concorrente, costituzionalmente affidate alla competenza regionale. Infatti la organizzazione della “tutela della salute”, ai sensi del punto 3 dell’art. 117 della Costituzione, è materia concorrente, attribuita alle Regioni, mentre allo Stato, che ha legislazione esclusiva, compete, ai sensi del punto 2 lettera m) del citato art. 117 “la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

L’articolato del nuovo Patto, pertanto, se non soddisfa pienamente quanti per anni hanno lottato in sede regionale e ministeriale per la codificazione di un preciso obbligo per le regioni a rimuovere criticità territoriali in aree povere e marginali attraverso la previsione e l’organizzazione di ospedali di area disagiata, può essere accolto come volontà nella direzione più volte richiesta, sia pure subordinata alla previsione di specifiche deroghe, che il legislatore dovrà individuare, insieme alle regioni, che non potranno sottrarsi dall’attuare in fase organizzativa quanto da esse stesse sottoscritto in fase di intesa. Chiarito questo aspetto, tuttavia, va sottolineata la eccezionale portata innovativa del nuovo Patto per la Salute, che può essere ascritto a grande risultato politico del Ministro Speranza, in quanto sancisce la fine della stagione dei tagli nella sanità e apre alla possibilità per le Regioni di superare vecchie imposizioni rivenienti dalla limitazione delle risorse e da obblighi di rispetto dei tetti di spesa. Tante le novità introdotte nel documento, che, ove concretizzate in provvedimenti formali, segnerebbe-ro una inversione sostanziale ed un rilancio della sanità pubblica, la quale, superati i vincoli rappresentati dalle vigenti disposizioni legislative, dovrebbe essere riorganizzata in maniera unitaria su tutto il territorio nazionale ed all’interno delle singole regioni in maniera da garantire effettivamente il rispetto del D.P.C.M 12.1.2017 sui LEA. Intanto viene confermata la programmazione triennale dei livelli di finanziamenti a carico dello Stato, che conferma l’attribuzione del 2019 in 114.474.000.000 di euro, con un incremento di 2 miliardi di euro per il 2020 e 3,5 miliardi di euro per il 2021, riconducendo “le quote vincolate del Riparto del fabbisogno sanitario standard all’interno del riparto relativo alla quota indistinta del fabbisogno sanitario standard,” liberando contabilmente risorse che diversamente non sarebbero state utilizzabili.

Viene sancito l’impegno ad una attuazione stringente del D.P.C.M 12.1.2017 “Nuovi Lea”, il cui monitoraggio, affidato al Nuovo Sistema di Garanzia, deve mirare a migliorare i servizi nelle aree di maggiore carenza. Le Regioni avranno obblighi di rendicontazione in ordine alle criticità ed alle azioni di risoluzione ed, in presenza di insufficienza dei tre macrolivelli stabiliti, dovranno elaborare apposito piano riorganizzativo e di potenziamento del sistema regionale. Vengono previsti lo sblocco di maggiori risorse per gli investimenti in edilizia sanitaria ed ammodernamento tecnologico, ma soprattutto le percentuale di incremento della spesa del personale, fissata nel 5% dal D.L n. 35/2019, passa al 10%, incrementabile al 15% a fronte di ulteriori “oggettivi fabbisogni”, con la possibilità di incrementare del 2% risorse aggiuntive da destinare alla contrattazione integrativa in servizi svolti in servizi disagiati ed in zone disagiate. E’ previsto, tra l’altro, un rafforzamento dei servizi di prevenzione e tutela della salute con l’implementazione dei servizi alla persona in ambito residenziale e semiresidenziale, la revisione dei ticKet, l’infermiere di famiglia, un maggiore coinvolgimento dei cittadini in ambito sanitario. Sanciti i principi ed offerte le garanzie economiche per il miglioramento dell’offerta sanitaria, spetta alle Regioni elaborare programmi organizzativi funzionali alle indicazioni condivise nel Patto.

Nella nostra regione, che viene accreditata del 1° posto tra le regioni meridionali per il 2018 per il rispetto dei LEA su una griglia di 33 indicatori (vedremo il suo posto ora che la griglia si baserà su 88 indicatori) non mancano criticità, soprattutto sull’emergenza-urgenza, la tempestività delle cure e le liste di attesa. Dopo la fase di studio e di verifica delle criticità, attendiamo che si libri il pensiero innovativo del cambiamento più volte annunciato. Siamo in attesa che la L.R n. 2/2017, da noi più volte denunciata nella sua irrazionalità ed inefficacia, sia applicata con una chiara organizzazione “riequilibratrice” della sanità regionale, che dia garanzia a tutti i cittadini lucani, soprattutto a quelli delle aree interne e disagiate. Sappiamo della complessità della situazione ereditata, ma il tempo trascorre ed esso non gioca a favore della soluzione delle criticità, che, intanto, allontanano dai territori periferici i giovani, alimentando lo spopolamento e l’invecchiamento della popolazione. Il tempo che trascorre tra l’inerzia del potere politico e l’aggravarsi delle situazioni, ci obbliga a richiamare le classi dirigenti a soluzioni ed iniziative immediate e conseguenziali alle emergenze che la nostra regione oggi vive.

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