Ernesto Calluori
Il 19 gennaio ricorre il ventiduesimo anno dalla scomparsa di Bettino Craxi, giudicato uno statista italiano e un uomo politico di prim’ordine. Per fortuna, ogni epoca ha il suo tribunale.
La storia renderà merito ad un Uomo che giace in una tomba nella nuda terra rivolto verso l’amata Italia. Quand’era presidente del Consiglio firmava i suoi corsivi su L’Avanti ! con il psudonimo di Ghino di Tacco, per svergognare “mentitori e mestatori” con l’intento di stabilire verità scomode, per rivendicare la giustezza della sua politica.
Il passato non basta.
Dobbiamo interrogarci sul presente e sul futuro senza preconcetti rispetto a varie tematiche che attendono una risposta. Chi era Ghino di Tacco? Indubbiamente, l’indagine storica sul Robin Hood di Radicofani, ci aiuta a tracciare la bibliografia tra realtà e leggenda. Ghino di Tacco nacque nel 1265 in Valdichiana. Apparteneva alla stirpe dei Cacciaconti, nobili feudatari.
La loro provata fede ghibellina li portò inevitabilmente ad uno scontro frontale con i Guelfi di Siena, quando questi ebbero il potere in città. Si narra, intanto, che il giovane Ghino di Tacco giunto nel frattempo a Siena, nel 1285, vide il proprio padre decapitato sulla pubblica piazza, giustiziato dal giudice Benincasa da Lanterina nonchè vicario della città.
A quest’uomo il giovane Ghino di Tacco giurò vendetta, che portò a compimento alcuni anni dopo. Il sommo poeta lo cita nel VI canto del Purgatorio “quiv’era L’Aretin che dalle braccia fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte…”. Il suo soggiorno a Siena gli aveva permesso di avere un’ottima erudizione e buone conoscenze di medicina. Alla morte dello zio omonimo, Ghino diventa il capo dei Ghibellini ampliando il raggio d’azione della rivolta provocando complicazioni di natura diplomatica soprattutto con la città di Firenze. Dalla rocca di Radicofani, Ghino continuò a molestare i senesi e tra un saccheggio e l’altro, assaliva le carovane dei ricchi mercanti.
Il leggendario personaggio sembrava dovesse diventare la figura del terrore quando nell’anno del giubileo, 1300, sequestrò, con un tranello l’abate Beltrando di Cluny in viaggio per Chianciano, per curarsi dei suoi mal di stomaco. Ghino si offrì di curarlo personalmente e prescrisse la cura costituita da due fette di pane abbrustolito e un boccale di vernaccia al giorno.
Dopo alcuni giorni l’abate cominciò ad avvertire i morsi della fame e intorno a una tavola imbandita sontuosamente Ghino rivelò la sua identità all’abate. Raccontò la sua storia, i soprusi subìti da parte dei Guelfi, l’arresto e l’uccisione del padre, il bando e l’umiliazione per essere stato ridotto da gran signore a bandito dedito al furto e al sequestro.
Beltrando di Cluny abbracciò il suo sequestratore e si impegnò ad intercedere per lui presso la Santa Sede. Bonifacio VIII perdonò Ghino di Tacco e lo nominò Priore degli ospedalieri di San Giovanni in Gerusalemme (attuale Ordine dei Cavaleri di Malta).
Il Papa, suo protettore, morì nel 1303 e Ghino non sentendosi più sicuro lasciò Roma per far rientro nella sua Valdichiana. I nemici di un tempo, mediante falsi intermediari, gli tesero una imboscata a Sinalunga, dove pugnalato alle spalle si spense una delle figure più leggendarie del medioevo.