Ernesto Calluori
Secondo i dati più recenti, ogni giorno dieci italiane, fra donne, ragazze o bambine, subiscono violenze a sfondo sessuale. Queste cifre rivelano una situazione sempre più allarmante.

Ogni anno si contano circa cinquecento reati di questo tipo, senza contare le migliaia di casi non denunciati. Le ragioni di questa scarsa richiesta di giustizia da parte delle vittime sono sia di carattere culturale, sia di ordine più specificamente legale. L’opinione comune conserva anche pesanti tracce di una cultura basata sul pregiudizio e la discriminazione tra i sessi, che ancora tende a giustificare la violenza maschile con l’attenuante della provocazione femminile.
La donna, quando non inserita in un contesto socio-culturale sufficientemente maturo, è portata, spesso, a vivere la violenza subìta con un senso di colpa e di vergogna che la condanna a un altro stupro, stavolta psicologico, e per certi aspetti ancora più duro influenzandone la vita.
Per quanto riguarda le leggi, c’è da dire che gli stupri finiscono col restare impuniti a causa di una legislazione che da sempre è stata un riflesso di certi pregiudizi; essa, anche dopo alcune modifiche, rimane piuttosto ambigua nella sua attuazione e ancora carente di quella severità e di quel rigore che sarebbero invece necessari.
Se confrontiamo la situazione italiana con quella europea, ci appare evidente che nel nostro Paese le pene per stupro sono lievi, vanno dai tre ai dici anni. In Belgio si rischiano, invece, i lavori forzati a vita; in Francia la punizione va dai dieci anni e l’ergastolo. E’ auspicabile, quindi, che anche in Italia si adotti una legislazione più severa nei confronti di questo reato, non solo per scoraggiarlo, ma anche perché si tratta di uno dei crimini più abietti che l’uomo possa commettere.