Sisma centro Italia: appello alla fiducia e alla responsabilità di ognuno

Amatrice e il terremoto
Amatrice e il terremoto

Ancora una volta siamo sconvolti dai cataclismi che scuotono le profondità della terra; ancora una volta l’Italia deve fare i conti con una immane tragedia: il sisma che ha colpito l’Italia centrale.

Di fronte a catastrofi molto devastanti continuano a risuonare nella nostra mente due domande che scuotono la nostra fede :”Perché?” e “Dio dove sei?”. Non è semplice trovare risposte, eppure dobbiamo essere consapevoli che i terremoti sono eventi naturali, ma i morti che ne derivano sono dovuti, quasi esclusivamente, a responsabilità umane. L’impegno di tutti deve essere volto a che queste tragedie non accadano più. Dio in questo momento è accanto alle vittime del sisma e accompagna ciascuna di loro nella terra promessa. E’ questa l’ora, in cui la speranza deve prendere vigore nella coscienza del popolo. La nostra non ènon può essere- una speranza, che delude. E’ fondata sulla fede in Cristo, che, con la forza della resurrezione, ha vinto le potenze distruttive della storia, ed è animata dall’amore per l’uomo, dono dello Spirito accolto nei nostri cuori, che suscita e sorregge le forze personali e sociali creatrici del nuovo futuro. La nostra speranza prende consistenza e concretezza operativa nella nostra responsabilità. Non possiamo rinviare o delegare. Ciascuno deve assumere coraggiosamente le sue responsabilità e svegliare e stimolare la responsabilità solidaristica di tutta la Nazione, che deve sentirsi coinvolta nel dramma della gente, della classe politica che governa e amministra, delle agenzie culturali, delle forze sociali, degli operatori economici, che sono chiamati a elaborare e attuare un valido programma per la ricostruzione e lo sviluppo.

Il terremoto “ha ridotto in polvere” i centri storici della nostra Italia, ma le vittime non sono scomparse nel nulla perché Cristo ha unito al sangue delle vittime il suo; si è fatto vicino come fratello, padre e Redentore.

don Camillo Perrone
don Camillo Perrone

E ci spinge a ricostruire, a ripartire da subito. Deve farsi strada la solidarietà: non si possono validamente affrontare e risolvere i gravi problemi, se non insieme, con una visione organica, articolata dei compiti concernenti le comunità ecclesiali, lo Stato, gli enti locali, l’iniziativa libera di persone e di gruppi, con l’assunzione concreta delle rispettive responsabilità, con l’esercizio del diritto-dovere della partecipazione, sia a livello di programmazione che di esecuzione.

Occorre la testimonianza di una limpida moralità civile: la gente duramente provata ha bisogno di una classe dirigente politica trasparente, capace di dare senso alle sue aspirazioni e di aprire strade sicure con onestà e competenza. La politica ha le sue colpe per il passato (dal terremoto di Messina– oltre un secolo fa, con intere generazioni cresciute nelle baracche post-sisma –a quello in Basilicata, a quello in Abruzzo) e ancora più grandi responsabilità per il futuro. Però bisogna avere l’onestà di riconoscere che esistono colpe e responsabilità diffuse. Per essere efficace la ricostruzione che verrà dovrà essere anche ricostruzione di un senso civico smarrito o forse assopito. Dunque ricostruzione morale della politica.

Nel mirino della magistratura c’è ora l’inchiesta sulla gestione dei fondi antisismici, per lavori finanziati non eseguiti. E’ caccia a corrotti e corruttori. La divoratrice sete di guadagno e di piacere che ha preso tutte le classi sociali, ne ha attutito il senso morale e ha fatto quasi scomparire quella elementare giustizia che dovrebbe essere in ogni cuore. Bene ha detto il vescovo di Rieti, monsignor Pompili: “il sisma non uccide, le opere dell’uomo uccidono”. C’è bisogno di lungimiranza da parte dei responsabili, non solo di determinazione, per trovare le soluzioni più rapide e più urgenti in questo momento. Bisogna mettere in atto una vera e propria pianificazione, anche di qualche decennio, cominciando dagli edifici strategici.

L’Italia e l’Appennino in particolare, avrebbero bisogno di un permanente monitoraggio del territorio, di manutenzione delle strutture, di adeguamento antisismico degli edifici. A cominciare da quelli pubblici (scuole e ospedali in testa), per arrivare alle abitazioni private. I terremoti, le frane, i dissesti continueranno a esserci. Ma i loro effetti devastanti potrebbero essere evitati. O almeno contenuti. Serve una rivoluzione culturale impegnando in questa sfida una generazione di studiosi, tecnici, operatori al servizio del territorio. Ci piaccia o no, dobbiamo cominciare a pensare a una cultura di prevenzione. Perché la nostra penisola, per la sua posizione di confine tra le due placche –quella africana che spinge verso Nord e quella euroasiatica- è tra i Paesi europei più vulnerabili. Il rischio sismico più elevato è lungo la dorsale appenninica, poi, man mano che dalla dorsale ci allontaniamo, sia verso la zona adriatica che da quella tirrenica, le criticità tendono a diminuire, ma non a scomparire. L’Italia intera è ad alto rischio, proprio perché è geologicamente giovane e di frontiera. Non ci sono aree totalmente esenti. In Italia sono tantissimi gli edifici pubblici non a norma. Urge quindi la messa in sicurezza di questi, ma anche il coinvolgimento del privato, con politiche di incentivazione, affinché i privati intervengano sulla propria casa.

Diciamo poi che il sisma non ha rivoltato le viscere della terra solo nell’Italia centrale; il terremoto ha colpito tutta l’Italia, ha colpito la nostra terra. Suor Agata testimonia che il sisma ha colpito tutti noi. Il terremoto che ha sconvolto Amatrice, il cui parroco è il nostro carissimo corregionale don Savino D’Amelio, e i paesi limitrofi ha generato dolore e lutti fino ad Avigliano, paese natio della religiosa uccisa dal sisma. La città di Avigliano ha proclamato il lutto cittadino durante le esequie, in segno di partecipazione e vicinanza della comunità. Il messaggio bruciante della tragedia sollecita a recuperare un diverso stile di vita, a cambiare radicalmente un comportamento morale, che obbedisce al tornaconto degli interessi economici e di parte, all’insaziata ricerca del benessere a ogni costo, allo spreco, alla refrattarietà per i necessari sacrifici che l’amore fraterno verso i sinistrati reclama. Papa Francesco invita i nostri fratelli sinistrati a coltivare la speranza. La speranza cristiana è fondata sulla fede in Cristo crocifisso e risorto, che ha vinto la morte e con la Sua resurrezione è garanzia della rinascita: deve stimolare, illuminare, sostenere tutto il lavoro di ricostruzione materiale, civile, culturale, morale, religiosa; occorre superare ogni atteggiamento di abbandono fatalistico o di rassegnata passività, che paralizzerebbe la collettiva volontà di ripresa.

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