Chiara Lostaglio
Le recenti celebrazioni per il centenario della nascita di Leonardo Sinisgalli, portano l’attenzione nazionale su una figura di intellettuale di altissimo pregio. Nato a Montemurro, Sinisgalli abbandonò da giovane la Basilicata per raggiungere Roma e quindi Milano, conseguendo a soli 24 anni la laurea in ingegneria, che seppe intelligentemente coniugare con arte e letteratura. La “Civiltà delle macchine”, rivista che Sinisgalli fondò e diresse, rappresenta un ambizioso esempio interdisciplinare, pur restando – con la poesia – ben ancorato alla sua terra, come ricordano “Lucania” e “Monete rosse”. “Risorgerò tra tre anni o tre secoli tra raffiche di grandine nel mese di giugno” è scritto sulla sua lapide. Ingegnere, poeta, ma anche regista: attitudine questa non a tutti nota. Un percorso culturale di peculiare sensibilità quello di Leonardo Sinisgalli, riscoperto cineasta grazie a puntuali citazioni sulla rivista cinematografica “Ciemme”, diretta da Marco Vanelli, edita da Cinit (Cineforum Italiano) con sede a Venezia. Il poeta di Montemurro aveva infatti partecipato al progetto “Documento mensile”, ideato dall’allora futuro regista Marco Ferreri e da Riccardo Ghione. Siamo negli anni ’50, quando si concretizza il tentativo di realizzare alcuni cinegiornali mediante l’esperienza creativa anche di intellettuali e poeti italiani. L’ambizioso progetto, purtroppo, non prese mai corpo del tutto a causa della censura, che non decretò il visto ai cortometraggi e quindi non ne consentì la diffusione. Pertanto, i due numeri realizzati, il primo da Alberto Moravia e Vittorio De Sica, il secondo da Luchino Visconti e Carlo Levi, oltre ai singoli contributi di Sinisgalli, Guttuso e Rossellini, rimasero nel chiuso dei magazzini e non hanno mai potuto circolare. L’idea di fondo di “Documento mensile” era quella di paragonare il cinema alla “terza pagina” di un quotidiano, usando la cinepresa così come uno scrittore o un intellettuale avrebbe utilizzato la macchina da scrivere. Inoltre, essi avrebbero dato un maggiore contributo nel migliorare la qualità dei Cinegiornali che allora erano addirittura obbligatori prima delle proiezioni cinematografiche. Di Sinisgalli, Riccardo Ghione in un’intervista dirà: “Il suo pezzo era piuttosto curioso, anche se nessuno ne parla in quanto nessuno lo aveva visto. Il poeta lucano era andato a Bra, in Piemonte, in un solaio di una casa signorile ed aveva trovato una grande quantità di ricordi ottocenteschi […]. Sinisgalli ha usato un metodo diremmo “gozzaniano”, girando le immagini come una elegia. Alternava, nelle riprese, sei metri e tre metri di pellicola per volta… Era un tentativo di creare un “verso” cinematografico, di trovare cioè una corrispondenza con la metrica poetica. Il film di Sinisgalli si intitolava Vita silenziosa per la durata di due minuti”. E’ la conferma della vivacità intellettuale di Sinisgalli anche per quel che riguarda il cinema e i contatti di alta valenza intellettuale con scrittori e registi del suo tempo. Con “Lezione di geometria” Sinisgalli è stato premiato nel 1948 alla Mostra del cinema di Venezia dall’Ufficio Centrale di Cinematografia per il miglior cortometraggio italiano. Il breve e importante esperimento fu realizzato in collaborazione col regista Virgilio Sabel, fotografato da Mario Bava, musicato da Goffredo Petrassi e prodotto da Carlo Ponti. Sinisgalli tornerà a Venezia due anni dopo, sempre insieme a Virgilio Sabel e ancora una volta vincitore (Premio Internazionale per il Cortometraggio), questa volta con “Millesimo di millimetro“.

Per chi conosce Sinisgalli non stupisce questa sua attenzione alla geometria, alle scienze esatte, che non si pone in contrapposizione con il mondo della poesia e della creazione. L’occhio del poeta, anzi, riesce a cogliere una rivelazione metafisica nella geometria dell’universo, lamentando proprio che l’arte contemporanea si «sgeometrizza, si sgeometrizza la poesia» (Le età della luna, 1956-1962). E in questo suo approccio anche il cinema col suo linguaggio entra prepotentemente, sia perché offre, come in questi documentari, la possibilità di un’osservazione più oggettiva, scientifica, sia perché si presta a nuove sperimentazioni poetiche, come nel caso del perduto “Vita silenziosa“. Per completare il breve ma intenso rapporto di Sinisgalli col cinema va certamente ricordata la sua collaborazione alla sceneggiatura di un film fondamentale del compianto Alberto Lattuada. Si tratta de “Il cappotto“, ovvero il sensibile tentativo di coniugare la tradizione della commedia italiana con un classico della letteratura umoristica russa, in questo caso Gogol. La pellicola, premiata al V Festival di Cannes, fu l’occasione per il piccolo Renato Rascel per dimostrare la sua grande capacità di interprete drammatico.