Ernesto Calluori
Dopo molte infatuazioni sulla globalizzazione che sembrava segnare un altro passo avanti in quella specie di progresso che tanti sognavano ne veniamo scoprendo ahimè delle ambiguità. Innanzitutto, è crollata nuovamente l’illusione di una forte dipendenza economica fra le nazioni da costituire la base sicura di un mercato competitivo.

Oggi, la globalizzazione è qualcosa che va oltre lo scambio di merci e beni, perché coinvolge spostamenti massicci di individui e, soprattutto, grazie alle tecnologie informatiche ha creato quello che viene definito il “villaggio globale” dove tutti sono in grado di avere informazioni su tutto. Di conseguenza tutti possiamo essere manipolati da tutti.
In un mare di notizie, sappiamo bene che ce ne sono molte di false e ingannatrici. Alla fine, spinti come siamo a dubitarne di tutti, non passeranno soltanto le “fake-news” ma anche quelle “giuste”. Infatti, la scelta di accettare quelli meritevoli si risolve in una specie di atto di fede. Nel nostro mondo nascondersi è diventato difficile se non impossibile. E allora cosa significa globalizzazione? Per come stanno le cose, sull’altro versante, intere economie tra cui quella cinese sono più nazionali che globali.
Si stanno formando regioni economiche che mirano a creare mercati comuni o aree di libero scambio. All’interno di vari Paesi, importanti attività sembrano sottrarsi completamente alla competizione globale. La domanda viene spontanea : perché mai la globalizzazione si è imposta? Le risposte ovvie sono le migliori come non è tutto chiaro se la fine della guerra fredda sia causa o effetto di questo fenomeno. Insomma, si fa presto a parlare del fenomeno, sia presentandolo come il ritorno al paradiso perduto, sia come la riproposizione di un grande inganno. Converrebbe a tutti che se in questo “villaggio globale” dobbiamo viverci sarà molto meglio organizzarci a vivere in maniera adeguata.
