Bruno Fittipaldi
La Commissione Europea, guidata da Ursula von der Leyen, ha lanciato un piano chiamato “Rearm Europe”, che prevede uno stanziamento di 800 miliardi di euro per la produzione e l’acquisto di armi. Un investimento senza precedenti, giustificato con la necessità di difendere l’Europa da minacce future, reali o presunte.
Ma noi ci chiediamo: è questa la priorità?
Viviamo in un continente in cui milioni di persone non riescono a curarsi, dove le liste d’attesa in sanità pubblica sono infinite e l’accesso alla sanità privata è ormai riservato a chi ha grandi disponibilità economiche. Dove i salari non bastano più, le bollette sono diventate un incubo, e i giovani fuggono dal Sud, dai piccoli paesi, dall’Italia. Dove la crisi climatica avanza e l’industria è in calo da mesi. In Italia e in Germania siamo al 23° mese consecutivo di calo della produzione industriale.
E mentre tutto questo accade, l’Europa cosa fa? Trova 800 miliardi di euro per armarsi. Non per combattere la povertà, non per difendere i diritti, non per costruire un futuro sostenibile, ma per rafforzare gli arsenali.

Ecco la grande menzogna: se si vuole la pace, la pace la si costruisce con le parole, con i gesti, con lo spirito di pace. Non si costruisce la pace riempiendo i confini d’Europa di armi. Non si costruisce la pace temendo l’invasione come se fosse uno spot mediatico da ripetere ogni giorno, in ogni talk-show, in ogni telegiornale, per giustificare spese militari folli.
La guerra in Ucraina, che ha insanguinato l’Europa, sembra ormai avviarsi verso una fase diversa. Senza entrare nel merito delle trattative riservate tra Trump e Zelensky, è evidente che si stia cercando una via d’uscita. E come risponde l’Europa a questa possibilità di fine? Con un’escalation. Con altro riarmo. Con l’illusione che solo aumentando il numero di missili si possa garantire la pace.
Ma con quale spirito si fa la pace?

L’Unione Europea non ha una vera politica estera comune, non ha un ministro degli esteri unico, né un vero ministro della difesa. Ha 27 politiche estere diverse, 27 interessi spesso in contrasto. E quindi, se si armano l’Italia, la Francia, la Germania, cosa avremo? Un’Europa davvero più unita e sicura? No. Avremo tanti vicini di casa armati fino ai denti, ognuno con le proprie armi, i propri obiettivi, i propri contratti miliardari con le industrie belliche.
La storia ci insegna che quando i popoli si armano fino ai denti, quelle armi prima o poi si usano. E attenzione: non è scontato che i conflitti futuri siano solo con nemici esterni. L’Unione Europea non è immune da fratture interne, da crisi geopolitiche, da tensioni tra stati. Dove ci porterà questa corsa? A un’Europa della paura o a un’Europa della speranza?
Noi vogliamo un’Europa della vita, non della guerra.
La pace non nasce da un missile, ma da una mano tesa.