Armando Lostaglio
Cappella Sistina, centro del mondo, per la Cristianità e non soltanto. Mentre il mondo guarda il camino che si erge sui tetti sacri per le sue fumate, che annunceranno il nuovo Pontificato.

Gli affreschi di Michelangelo, dipinti fra il 1508 e il 1512, sulla volta più bella del mondo, rappresentano la concezione mistica fra Dio e Cristo: stanno per toccarsi sulla punta del dito. Congiunzione mistica fra il Divino e il mondo terreno. E intorno, un tripudio di sibille, profeti, personaggi dell’Antico Testamento, oltre trecento figure in quella sublime Casa del Cielo, che ambiscono al Paradiso.
Michelangelo era stato allievo a Firenze di Pico della Mirandola, scrittore filosofo, studioso dell’umanità più ampia: sosteneva, lungimirante, l’unità profonda fra culture e fedi diverse. La fede cristiana e quella islamica, l’ebraismo e persino il paganesimo. Pico ambiva al concetto universale che ogni religione custodisce “frammenti di verità, perché Dio parla in molte lingue.”
Non chiudersi nel proprio recinto, ma aprirsi. Anche sotto l’aspetto individuale: in un angolo del Giudizio Universale si nota un bacio fra due persone (dello stesso sesso), sospesi tra le nuvole, ad evocare probabilmente i sentimenti che il sommo artista nutriva verso Tommaso de’ Cavalieri, giovane nobile romano, a cui dedicava versi e lettere, ricche di desideri trattenuti che la sua arte ha invece reso immortale.