Femminicidio: “Yes, I Care”

imagesLa violenza sulle donne è uno dei fenomeni sociali più aberranti; è la punta dell’iceberg dell’esercizio di potere dell’uomo sulla donna e si manifesta in diverse forme come la violenza fisica, psicologica e sessuale, fuori e dentro le mura domestiche.

Il concetto di femminicidio comprende tutte le morti di donne avvenute per ragioni misogine, ad esempio per aborti forzati, per mutilazioni genitali o per pratiche sociali e culturali, che portano a lasciar morire di fame o di malattia le figlie femmine al fine di privilegiare la cura del figlio maschio, come accade in alcune regioni di Cina e India.
Alla base di questo fenomeno si trova l’atteggiamento brutale di chi considera la moglie, la fidanzata, la figlia o la sorella non un essere umano di pari dignità e pari diritti, ma un oggetto di cui si è proprietari; se un altro si avvicina all’oggetto che si ritiene proprio, allora scatta la violenza cieca.
Il 25 novembre si è celebrata la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne: vittime di omicidi, stupri, mutilazioni, sono spesso loro le protagoniste delle cronache nere, come dimostrano i dati Eures. I casi di femminicidio in Italia nel 2013 sono stati 179, contro i 157 dell’anno precedente, con un incremento al Sud del 27 per cento. Al centro il numero è raddoppiato: 22 nel 2012, 44 nel 2013; e al nord svettano i casi di violenza all’interno delle famiglie, 8 su 10, e sono frequenti i matricidi e le uccisioni col movente della gelosia. Autori degli omicidi sono spesso mariti, compagni, familiari.
Queste vittime, sono state ricordate, con varie iniziative in tutto il mondo, in occasione della Giornata che le Nazioni Unite hanno istituito nel 1999: in Italia, per esempio, piazza del Popolo a Roma si è tinta di rosso e sulle facciate dei palazzi sono state proiettate parole legate a questo tema. A Milano si è svolto il tour “24 ore per parlarti d’amore”, che ha attraversato la città dal Parco Sempione ai Navigli.
femminicidio-bigI Care è il motto che dobbiamo adottare per indicare che ci importa, ci interessa, ci sta a cuore la barbarie che si abbatte sulle donne e se i paesi che applicano la shari’a sono da considerarsi Terzo Mondo, l’Italia di occidentale conserva solo l’etichetta, ma nasconde una società retrograda e intrisa di falso perbenismo e bigottismo ipocrita.
Fino a che punto bisogna stupirsi della violenza? Nelle Tesi di filosofia della storia” Walter Benjamin invita a non meravigliarsi della violenza; chi si stupisce, pensando che si tratti di casi isolati, che toccano sempre ad altri, fa il suo gioco perpetuandola.
Bisognerebbe stupirsi, piuttosto, dello stupore nei suoi confronti e sapere quanto sia fallimentare tentare di esorcizzarla con lo sbalordimento.
Quando la cronaca racconta nei dettagli i crimini più efferati, la violenza è mediata dai media della comunicazione. Radio, giornali, televisione devono interrompere la fissazione e favorire rielaborazioni , metabolizzazioni. Occorre mediare la violenza, perché è l’unico modo per non dimenticarla, ma rielabolarla in un processo che porta all’educazione e alla prevenzione.
Ribaltiamo il gioco della violenza, mostrando che una via d’uscita ci può essere e può cominciare con il fare i conti con la consapevolezza del proprio istinto violento. Soltanto così si può comprendere e ridurre quella degli altri, tentando di superare la banalità del male.

Fonte: http://www.sanseverinolucano.com/?p=1698

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