Contro la fame cambiare la vita

E’ luogo comune e abusato presentare la situazione tragica dei poveri ed emarginati di una buona parte di umanità, con clichés ormai standardizzati quasi fosse nato un nuovo genere letterario. Sembra che abbiamo imparato a convivere, senza impressionarci più di tanto, con la descrizione di situazioni più estreme e impensabili in cui si trovano gli esseri umani che non hanno più nei loro volti la traccia della dignità umana. Ma i poveri non sono classificabili in categorie fisse, sfuggono a qualsiasi generalizzazione. Questa li uccide: a lungo andare la stessa povertà diviene un oggetto su cui discutere, organizzare convegni, elaborare teorie socio-politiche, dare ricette per abbatterla. Ma si perdono di vista i poveri, che hanno fame. La povertà si incarna, è visibile e mostra il suo volto duro nei poveri.


C’è oggi bisogno di interiorizzare questo fenomeno macroscopico, fino a toccare l’intima coscienza e responsabilità di ognuno di noi.
Occhi puntati ora sugli affamati. Lo scenario della povertà è tragico e assume espressioni impensabili, che sono rese più tragiche quando messe in contrasto con l’altra parte della medaglia, la ricchezza, che mostra una opulenza sfacciata. Non possiamo più parlare in termini di fasce di popolazioni che vivono nella mancanza, talvolta assoluta, di mezzi di sopravvivenza.

E’ quasi metà della popolazione mondiale che soffre la fame, qualunque nome questa assuma. Sappiamo che diversi sono i fattori che determinano questa situazione inumana: i disastri cosmici, dovuti a fenomeni naturali, quali le desertificazioni avanzanti di vaste zone geografiche, inondazioni, siccità, sismi, maremoti.
L’ingiustizia sociale, determinata dallo sfruttamento di strutture economiche malvagie che acutizzano i paesi poveri del pianeta, che risulta nello sfruttamento negli stessi Paesi emergenti da parte delle classi ricche a danno dei poveri. Tutto questo fa di metà dell’umanità quelli che vengono denominati i dannati della terra.
Le devastazioni operate dai signori della guerra in tutti i continenti che determinano tragedie a catena: centinaia di migliaia di morti, milioni di persone in fuga in cerca di una terra che li accolga, sradicamento sociale e culturale, città di concentramento.
Questo complesso fenomeno causa poi una catena interminabile di mali etici: la piccola e la grande criminalità, la produzione e il traffico della droga, il mercato della prostituzione, la corruzione delle istituzioni, la vendita di esseri umani. Insomma affamare per opprimere, il cibo usato come arma. Ecco alcuni esempi dolorosi: lo Zimbabwe, terra di miniere e agricolture feconde, era considerato la “Svizzera d’Africa”. Una dittatura quarantennale, dopo l’indipendenza, l’ha condotto alla fame: ne soffre oltre un terzo della popolazione.
Altra situazione: Siria e Iraq ci forniscono gli ultimi, raccapriccianti esempi. Regimi e signori della guerra sempre più spesso usano le risorse e gli aiuti alimentari come strumento per fare pressioni sulle popolazioni. E provare così a condizionare le sorti dei conflitti.
Conflitti e malnutrizione sono sempre più spesso intrecciati, nelle vicende di molti paesi. Ma l’inedia generata da carestie produce inazione, più che rivolta. Determinanti sono le variazioni del costo degli alimenti base dovute a dinamiche politiche e a speculazioni.

Quindi le risorse che sono destinate a tutti gli uomini, sempre più si concentrano nelle mani di pochi , che così decidono della sopravvivenza degli altri.
Le istituzioni sono coscienti del problema, e fanno analisi e realizzano interventi, sia di emergenza che pianificati con organismi mondiali quali UNDP, UNICEF, UNHO, FAO nazionali ed internazionali.
In tale contesto rappresentanti di alcuni Paesi si sono riuniti per due giorni a Bergamo per il G7 dell’agricoltura con questo obiettivo ambizioso: portare cinquecento milioni di persone fuori dalla fame entro il 2030. Soprattutto la Chiesa “richiama urgentemente tutti, sia singoli che autorità pubbliche, affinché – memori delle sentenze dei Padri: ‘nutri colui che è moribondo per fame, perché se non lo avrai nutrito, lo avrai ucciso – realmente mettano a disposizione ed impieghino utilmente i propri beni, ciascuno secondo le proprie risorse, specialmente fornendo ai singoli e ai popoli, i mezzi con cui essi possano provvedere a se stessi e svilupparsi” (GS 69).
Papa Francesco costantemente denuncia ciò che provoca la povertà tra le persone e i popoli, sottolineando che la povertà più grande è la guerra che si fa tra ricchi per avere più potere, più denaro, più terra. Bergoglio proferisce parole di fuoco sulle ingiustizie, lo scarto e l’indifferenza di chi non vuol vedere, sulle coscienze anestetizzate.
Il quadro poi economico-sociale lucano permane sconfortante. L’economia lucana arranca, i consumi ristagnano, la povertà aumenta: è una tempesta di dati sulla povertà che agghiaccia e rende quasi impotenti. E’ importante – dall’altro lato – mettere in rilievo la mappatura dei servizi socio-assistenziali presenti sul territorio della nostra diocesi di Tursi-Lagonegro, che cerca di acquisire informazioni sulle situazioni di povertà, di disagio, di emarginazione, di esclusione presenti sul territorio e le loro dinamiche di sviluppo.
Soprassediamo sulla cruciale questione acqua. Le disuguaglianze nell’accesso alle risorse idriche minano le prospettive di pace e di sviluppo.
A questo punto, battendoci il petto, dobbiamo riconoscere che il nostro modo di vivere è caratterizzato da un’orgia consumistica che porta a una crescita illimitata di bisogni da soddisfare, di beni da consumare e accumulare, di traguardi da raggiungere a ogni costo e a qualunque prezzo. E’ necessario una scelta di austerità nei consumi, riducendo il tenore di vita per poter garantire a tutti l’essenziale.
Noi tutti, figli benestanti dell’opulento vecchio Continente, ora inficiato di xenofobia, dobbiamo allargare il cuore alle dimensioni del mondo, educarci alla mondialità, ai valori comunitari, nella pratica della solidarietà, della condivisione al fine di sopperire ai bisogni di chi vive nella più squallida miseria. Insomma incominciare uno stile nuovo di vita più semplice, con meno esigenze, e con più disponibilità ad accogliere e soccorrere tutti i bisognosi.

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