Biagio Passatordi
Come apprendiamo costantemente in questi ultimi giorni, la grave pandemia, che sta flagellando il mondo intero, avrà ripercussioni economiche di una certa entità.

Questo, perché molte imprese ed autonomi sono stati costretti a sospendere la propria attività e, di conseguenza, sono rimasti senza lavoro.
Tale situazione provoca un moltiplicatore recessivo che coinvolgerà, anche, aziende apparentemente non intaccate dalla crisi in atto.
L’operaio o l’impiegato che ha perso il proprio posto, molto probabilmente dovrà cambiare il suo stile di vita, eliminando tutti quei beni che eccedono la stretta necessità di ognuno. Quindi, molti, ad esempio, non potranno pagare la retta dell’asilo o andare qualche giorno in vacanza….
Le maestre dipendenti da quell’asilo, come piuttosto il settore turismo vedranno ridotte, se non addirittura annullate le garanzie di un reddito.
Questo porterà ad una stretta di consumi tra i beni di prima necessità, anche nelle scelte della spesa giornaliera.
Va da se che una rimodulazione, nella scelta della spesa giornaliera, costringerà molte aziende del settore ad uscire dal mercato, ingenerando altra disoccupazione e distruzione di reddito e ricchezza: si pensi a quella marca di biscotti o piuttosto di pasta, a prodotti per la cura del corpo, ecc. …,innescando dalla loro parte una nuova spirale recessiva come appena descritta.
Questo è ciò che accade secondo la “teoria del moltiplicatore” dell’illustre economista inglese Keynes…
Quelle che sono le intenzioni generali che si recepiscono dai media, è l’immissione di liquidità (moneta) a sostegno del reddito delle famiglie e delle imprese, così da garantire che non si verifichino i meccanismi di cui sopra.

Seguiremo attentamente quali misure verranno prese nel prossimo futuro, soprattutto il braccio di ferro tra i paesi del nord Europa ed i paesi del sud dell’Europa, molto discordi su come trattare la situazione in atto.
A tal proposito volevo fare un rinvio al mio articolo del 22 marzo u.s., in cui si esamina la proposta fatta da quella parte dell’Europa, con in testa l’Italia, la quale vorrebbe che la crisi fosse risolta con provvedimenti che impegnino l’Europa, come unità in prima linea, verso la volontà dei paesi del nord Europa, i quali vorrebbero che i singoli stati si assumessero le conseguenze di ciò che è successo.
Ora, senza commentare le ragioni dell’una o dell’altra parte, vorrei dire che l’Europa non è solamente un mercato in cui pochi paesi (del nord) vendono i loro prodotti con surplus commerciali di molto superiori al 6%, (percentuale in cui rientrare, raccomandata dalla comunità europea), ma un luogo di interesse comune, crogiuolo di storia, cultura e tradizioni, considerando, anche, che l’Italia è uno dei paesi che meno subisce la strapotenza produttiva della Germania.