Antonio Fortunato
Il Parco Nazionale del Pollino è diventato realtà nel 1993 con l’istituzione dell’ente e nel 1994 con la costituzione degli organi di gestione. La normativa di riferimento o se vogliamo il suo atto di nascita è il DPR del 15 novembre 1993 e pertanto in questo giorno ha compiuto trent’anni di attività. Dopo tanti studi e ricerche, nel 1986, la regione Basilicata decise di istituire il Parco regionale del Pollino che, dopo un avvio con la consulta dei sindaci, non fu mai messo nelle condizioni di avviare alcuna attività di gestione.
L’augurio che posso fare al Parco è quello di cambiare paradigma. Perchè? Se partiamo dai dati economici, demografici, sociali e ambientali del 1993 e li confrontiamo con quelli attuali, dobbiamo ammettere che il parco Nazionale non ha funzionato, è stato un fallimento bello e buono, è in sostanza un carrozzone burocratico di vecchia memoria dove personaggi politici hanno trovato e trovano poltrone e poltroncine ben remunerate.
Per noi Lucani l’occasione di sviluppo e di crescita in generale sarebbe stata la continuazione del Parco regionale del Pollino costituito dai 13 comuni ricadenti sul versante lucano del massiccio del Pollino. I paesi del Parco hanno avuto un calo demografico spaventoso, un arretramento economico notevole con conseguente calo dei prodotti della zootecnia pregiata, della produzione agricola e la scomparsa di molte attività artigianali. E’ stato travolto un tessuto sociale che permetteva una vita adeguata agli abitanti del luogo.
Si è privilegiato solamente “l’effimero”, la ricerca e il recupero delle tradizioni locali, dei prodotti enogastronomici, la riscoperta della storia locale e via dicendo per attirare un turismo mordi e fuggi. Ben vengano queste occasioni di crescita economica e socio-culturale, ma occorre ben altro. Non possiamo assistere a investimenti improduttivi e non rispondenti alle esigenze dei cittadini del parco: un esempio per tutti è il macro attrattore di Senise, la famosa Arena che è costata milioni e milioni di euro e oggi è una cattedrale in mezzo alla diga.
In molti comuni vengono eseguite opere pubbliche che interessano le attività sportive, mentre i giovani vanno via perchè costretti a emigrare. E’ così per le scuole. Porto per esempio Teana. Negli anni 70 c’erano gli alunni e non c’era un edificio idoneo; oggi ci sono alcuni edifici scolastici nuovi e mancano gli alunni. Cosa fare? Basterebbe richiamarsi al progetto Ferrara del vecchio Parco regionale.
Dobbiamo fare investimenti produttivi; sia per la salvaguardia del territorio dal dissesto idrogeologico, sia per la forestazione produttiva e sia per lo sviluppo di una zootecnia e agricoltura sostenibili.
Senza trascurare i centri storici dei comuni che sono abbandonati e fatiscenti (parlo di Francavilla in particolare). Dobbiamo avviare le opere esistenti e non funzionanti. mi viene in mente il palazzo Ciminelli del mio paese, Francavilla sul Sinni. Acquistato dal comune nel 1980 per essere destinato a centro di prima accoglienza per i turisti, dopo tanti anni di abbandono, si è reso necessario un adeguamento antisismico dello stabile. L’intervento non è stato completato e oggi è praticamente inagibile. L’elenco potrebbe essere lungo. Con molta amarezza e un certo senso di invidia voglio sottolineare che il comune di Castelmezzano, oltre al volo dell’angelo sta realizzando un nuovo attrattore turistico, una slittovia, per consentire ai turisti una fruizione delle Dolomiti lucane per tutto l’anno solare.
Mentre noi Francavillesi restiamo al palo!!! Seggiovia e slittovia sul monte Caramola per noi sono un’utopia, solo promesse elettorali. Se andiamo di questo passo Francavilla sul Sinni si troverà su un punto di non ritorno.