Chiara Lostaglio
Il carbone bianco in Basilicata. L’esperienza nittiana di Girolamo Orlando – di Camillo Naborre (346 pp. EditricErmes, Potenza)
“Il recupero, la riappropriazione del passato non più inteso come fatuo orgoglioso vanto tanto di una realtà tanto idealizzata, ma come consapevole conoscenza della provenienza, coi fasti e i limiti propri della esperienza, rappresenta l’unico modo per tentare di ridare una speranza ad una comunità prostrata, proprio a partire da quel passato che diventa risorsa culturale, sociale ed economica.”
E’ quanto sostiene in premessa Camillo Naborre al suo poderoso testo “Il carbone bianco in Basilicata. L’esperienza nittiana di Girolamo Orlando” nel quale, attraverso la figura del medico-ingegnere lucano Girolamo Orlando (Pescopagano 3.6.1876 – Napoli 20.7.1964) intende evidenziare l’importanza di valutare la storia come un soggetto attivo da tenere sempre in dovuta considerazione, per valutare gli accadimenti attuali che, specie nel Mezzogiorno, rappresentano ancora motivi di ritardo rispetto al decorso socio-economico nazionale.
Siamo in Basilicata, esattamente a Pescopagano, un piccolo centro appenninico a cavallo fra Irpinia e Salernitano, nel quale l’attivismo contadino si coniuga con operosità della classe media agraria e imprenditoriale. Già pochi decenni dopo l’Unità d’Italia, in questo centro viene istituita la Società Operaia di Mutuo soccorso, due banche popolari cooperative, un piccolo presidio sanitario Casa Salute e chirurgia (ancora attivo oggi con un ospedale specialistico) ed ancora una Reale Scuola popolare di Arti e Mestieri, sostituita quindi con la Scuola di avviamento al lavoro. In questo humus si forma ed emerge la figura di Girolamo Orlando, il quale concretizza innovative progettualità di caratura riformista e produttiva. A lui si deve nel 1910 la realizzazione del primo impianto idroelettrico con caratteristiche industriali, la cui originalità consisteva nel creare un sistema d’impresa integrato di produzione e distribuzione di energia elettrica, in grado di soddisfare non solo le esigenze civili quanto anche le attività economiche artigianali ed industriali. Di certo tale intraprendenza la si deve a quanto seminato nelle sue teorie e pratiche politiche di Francesco Saverio Nitti (Melfi 1868 – Roma 20.2.1963). Economista e politico antifascista, Presidente del Consiglio dal 1919 al 1920 e più volte ministro (Interni, Agricoltura e Tesoro), Nitti promuoveva un programma politico che avesse al centro una industrializzazione fondata sull’energia idroelettrica, e che poteva colmare la carenza di ferro e di carbone che a sua volta ritardava sviluppo ed emancipazione in tale direzione. Dunque, persiste un innegabile legame tra il programma nittiano e l’avventura del carbone bianco in Basilicata nel primo ventennio del ‘900. Va altresì evidenziato che l’area di Pescopagano e Muro Lucano (nord-ovest della regione) rappresentano il collegio elettorale di Nitti. Rispetto alle posizioni di Giuseppe Zanardelli e dello stesso Giustino Fortunato, per i quali la Questione meridionale rimaneva un problema opere pubbliche e di carichi fiscali, per Nitti occorreva orientarsi verso una politica nuova di progressiva risoluzione della Questione meridionale, privilegiando le risorse del territorio. Come le acque pubbliche, da cui ricavare energia.
Girolamo Orlando non poteva non essere in linea con le influenze del pensiero progressista di Nitti, aderì al partito Radicale ideato da Nitti in Basilicata (da una fitta corrispondenza), e condivise la concezione della democrazia fortemente segnata da convinzioni elitarie con l’occhio rivolto alla emancipazione delle classi meno abbienti cui garantire adeguati salari e istruzione. Orlando insisteva su un programma di interventi che trasformassero in termini produttivi gli assetti colturali attraverso il rimboschimento della montagna, risanamento della pianura paludosa, la creazione di bacini artificiali per il trattenimento delle acque per alimentare le centrali idroelettriche
Tuttora il pensiero meridiano è argomento di studio: l’Italia non può fare a meno del Mezzogiorno, come nel macro l’Europa non può fare a meno dell’Italia. Economia e stato sociale sono l’uno dipendente dell’altro: e tuttavia non sarebbe l’economia a trainare il sociale ma il contrario, e dunque lo sviluppo va perseguito con adeguati interventi rendendo partecipe le popolazioni locali. Dunque, dalla seconda metà dell’Ottocento e la prima del Novecento questo Sud interno si caratterizza per “l’operato di valorosi esponenti della classe dirigente” – come sottolinea in prefazione il prof. Antonio Lerra presidente della Deputazione Lucana di Storia Patria – figure che restano emblematiche sulla volontà di rinascita di comunità tenute in subordine.
Una figura come quella di Girolamo Orlando, che lo storico Naborre ha inteso tirare fuori dall’oblio, rappresenta di certo la volontà di arricchire le nostre conoscenze anche sulle comunità interne che nei secoli scorsi sono state prede di analfabetismo, di sfruttamento e di emigrazioni. Attacchi della storia che personalità lungimiranti hanno avuto modo di mitigare, con il pensiero e le azioni che ancora restano imprescindibili, e che talvolta le politiche successive non sono state in grado di rivalutare. La presenza di un ceto borghese attivo e illuminato, capace di far progredire i contesti sociali, riscatta dall’immagine della Basilicata connotata esclusivamente da fame, ignoranza e rassegnazione servile che ha finito col ridursi a una “non storia”, a un residuo della storia degli altri.