Comunicato Stampa
A Bari il 9 febbraio, a Roma il 16. E pronti a sostenere i lavoratori che incrociano le braccia contro l’autonomia differenziata. Cinquanta sindaci del Mezzogiorno e lo scrittore Pino Aprile, presidente onorario dell’intergruppo parlamentare Sud, si uniscono all’appello dei sindacati unitari di base che chiede di organizzare uno sciopero nelle scuole contro la riforma Calderoli che punta a un regionalismo su molte materie, a cominciare dalla scuola.
Aderiscono purché siano realmente coinvolti anche gli altri sindacati. D’altronde la rete sostiene anche la manifestazione indetta da CGIL e UIL a Bari per il 9 febbraio. Tra i sindaci che hanno dato la loro adesione anche Giovanna Bruno, sindaca di Andria e Mosè Antonio Troiano, sindaco di San Paolo Albanese, nominati vicepresidenti dell’Associazione dei Sindaci del Sud Recovery Sud Italia insieme a Nicola Fiorita, sindaco di Catanzaro, Vito Fusco, sindaco di Castelpoto, Maria Grazia Brandara, sindaca di Naro. Nei prossimi giorni sarà convocato il Consiglio direttivo per definire le nuove cariche. L’associazione ha deciso anche di aderire alla manifestazione nazionale davanti al ministero della Coesione indetta dal presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca.
Ecco il testo del documento sottoscritto.
NO ALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA: APPELLO PER UN GRANDE SCIOPERO UNITARIO CONTRO LA REGIONALIZZAZIONE DELLA SCUOLA
A Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Cobas Scuola, Gilda, Anief ed a tutte le OOSS del settore
No all’Autonomia Differenziata che frammenta e spezza l’Italia, perché:
1 – esalta le disuguaglianze fra Nord e Sud, che sono già le più profonde e durature del mondo, all’interno di uno stesso Paese;
2 – frammenta la formazione scolastica, legando l’offerta nazionale dell’istruzione obbligatoria non al diritto di cittadinanza, ma alla ricchezza dei territori, favorendo così i più ricchi. Con l’attuale situazione di sfacelo generale degli istituti, per il 90% non in regola neanche con le norme su igiene e sicurezza (il cui rispetto grava proprio sugli enti locali), cosa potrebbero più garantire le regioni più povere, prive di mense e laboratori e nelle quali spesso non è mai partito il tempo pieno? Le Università del Sud rischierebbero di chiudere e le scuole (già piene di problemi) diventerebbero un cronicario didattico. L’alternanza scuola-lavoro, intesa come mero apprendistato aziendalista, ne uscirebbe dovunque rafforzata ed ulteriormente distorta. L’attuale (assai compromesso) assetto costituzionale prevede che, qualora le regioni lo chiedano, resti allo Stato solo l’indicazione degli indirizzi generali sull’istruzione, aprendo un varco a velleità più vicine al localismo prepotente che al federalismo.
Il mondo dell’istruzione pare infine destinato a fare da apripista, incardinando per la prima volta la regionalizzazione del personale (cosa mai successa prima in nessun altro settore): questo governo aprirà così la strada alle gabbie salariali con contratti regionali anche per la sanità, i trasporti rimasti allo stato ed i servizi, chiudendo in un ghetto retributivo il Meridione.
Per quanti passeranno dallo stato alle regioni è pronto lo stesso tiro mancino che subì in ogni parte del Paese quella parte di personale non docente statalizzata nel 2000 provenendo dagli Enti Locali, con l’annullamento dell’anzianità e l’eliminazione per loro (ma non per i colleghi dello stato) dei “gradoni”, non presenti nel Ccnl degli Enti Locali. Venne azzerata loro l’anzianità di servizio, con un danno fortissimo su stipendi e pensioni. Ricordiamo che questi 70mila lavoratori della scuola che, a parità di mansioni ed orario percepiscono oggi uno stipendio ridotto rispetto ai loro colleghi o sono andati in pensione dopo 42 anni di contributi anche con pensioni da 1000 euro, attendono ancora giustizia nonostante undici sentenze favorevole della Suprema Corte Europea.
Oggi, in caso di una regionalizzazione dei contratti, potrebbe avvenire l’opposto, con lo scomputo degli anni di servizio maturati nello stato ed analoghe disparità;
3 – trasforma i diritti costituzionali in merci che alcuni potranno “acquistare” e altri no;
4 – mira a far esplodere la differenza di dotazione di infrastrutture (strade, scuole, ospedali…), anche con la ventilata pretesa di trasformarne la proprietà da statale a regionale, in modo che quello che è di tutti gli italiani, perché pagato da tutti, andrebbe a incrementare il patrimonio pubblico solo di alcuni, che si ritroverebbero così ancora più ricchi, impoverendo gli altri;
5 – sottrae risorse allo Stato, consentendo alle Regioni di trattenere una percentuale forte delle tasse nazionali per finanziare competenze delegate dall’Amministrazione centrale. Ma, subdolamente, in tal modo si avrebbe un trasferimento di fondi pubblici proporzionato alla ricchezza dei territori e non al costo dei servizi, quindi chi già ha di più riceverebbe ancora di più e chi ha meno, ancora meno, generando tensioni il cui sviluppo è imprevedibile;
6 – dal momento che l’Autonomia differenziata, ovvero il passaggio di competenze dai ministeri alle Regioni deve avvenire, per legge, a invarianza di bilancio, se alcune Regioni riescono a sottrarre più risorse, per le altre non può che restare poco o niente e lo Stato centrale potrebbe avere difficoltà a far fronte ai suoi compiti (a meno di non voler regionalizzare, per dire, anche le Forze Armate, la Diplomazia, eccetera);
7 – l’Autonomia Differenziata non può prescindere dai Livelli essenziali delle prestazioni, Lep, ovvero i servizi da fornire al cittadino. Come impone persino la scellerata riforma del Titolo V della Costituzione, del 2001. Ma i Lep (quali, quanti, quanto costano, ci sono i soldi?) non sono stati definiti in 23 anni, poi lo si è fatto in pochi giorni semplicemente fotografando l’esistente (con le lacune che questo comporta); per finanziarli servirebbero non meno di cento miliardi che per di più il governo vorrebbe distogliere da quelli già destinati al Mezzogiorno; ma anche se i Lep fossero definiti e finanziati, per la messa a regime ci vorrebbero decenni. Se l’Autonomia Differenziata partisse, nessuno potrebbe garantire la realizzazione dei Lep;
8 – ci sono almeno una decina di pesanti violazioni dei principi costituzionali nel disegno di legge Calderoli per l’AD; e il ruolo del Parlamento viene azzerato. Tutto verrebbe deciso unicamente dal governo e dalle regioni interessate.
I SINDACI E I CITTADINI DELLA RETE RECOVERY SUD CHE HANNO DATO L’ADESIONE:
Gennaro Capparelli sindaco di Acquaformosa
Pino Aprile, giornalista e scrittore, meridionalista
Maria Grazia Brandara, sindaca di Naro
Simona Colotta sindaco di Oriolo.
Domenico Vuodo sindaco di Alessandria del Carretto.
Alessandro Tocci, sindaco di Civita
Rosaria Capparelli sindaca di San Benedetto Ullano
Lucia Nicoletti sindaco Santo Stefano di Rogliano
Raffaele Pane sindaco di Scigliano
Antonio Iorio sindaco Di Tortora
Mosè Antonio Troiano, sindaco di San Paolo Albanese
Giovanni Galli, sindaco di Salcito
Agostino Chiarello sindaco Di Campana
Francesco Silvestri sindaco Di Verbicaro
Riccardo Gullo sindaco Di Lipari
Pietro Caracciolo, sindaco di Montalto Uffugo
Pietro Stamati, sindaco di Plataci
Michele Chiodo, sindaco di Soveria Mannelli
Vincenzo Nania, sindaco di Sorbo San Basile
Francesco Severino, sindaco di Santa Caterina dello Ionio
Pasquale Fera, sindaco di San Nicola da Crissa
Francesco Miglio, sindaco di San Severo
Giovanna Bruno, sindaca di Andria
Giuseppe D’Onofrio sindaco Serracapriola
Raffaele Falbo – sindaco di Melissa
Maria Grazia Vittimberga, sindaca Di Isola Capo Rizzuto
Angelantonio Angarano, sindaco Di Bisceglie
Luigi Sarnataro, sindaco di Mugnano di Napoli
Francesco Fazio, sindaco di Fabrizia
Mimmo Lo Polito, sindaco di Castrovillari
Francesco Cacciatore, sindaco di Santo Stefano Quisquina
Antonio Vella, sindaco Di Montevella
Massimo Chiarella, sindaco di Gimigliano
Raffaele Mirenzi, sindaco di Pentone
Francesco Scalfaro, sindaco di Cortale
Luca Papaianni, sindaco di Paterno Calabro
Sebastiano Tarantino, sindaco di Taverna
Francesco Silvestri, sindaco di Verbicaro
Gabriele Corrado, sindaco di Dasá
Alfredo Lucchesi, sindaco di Santa Domenica Talao
Vincenzo De Marco, sindaco di San Sosti
Antonio Pomillo sindaco di Vaccarizzo
Pasquale Iacovella sindaco di Casalduni
Gianni Papasso, sindaco di Cassano all’Ionio
Pino Capalbo, sindaco di Acri
Rossella Baldassarre, sindaco di San Chirico Nuovo
Luca Lopomo, sindaco di Crispiano
Renzo Russo, sindaco di Saracena
Peppe Notartomaso, sindaco di Campodipietra
Francesco Durante, sindaco di Castelsilano
Davide Del Re, sindaco di Cassano Murge
Giovanni Pirillo, sindaco di Longobucco